Ritorno alla natura

       Come precedentemente abbiamo avuto modo di dire Life in the Clearings ha come tema principale il viaggio che S. Moodie intraprende da Belleville alle cascate del Niagara. Tale viaggio riveste un significato metaforico più ampio di una semplice visita a una delle più decantate meraviglie naturali del mondo.

       In genere nella letteratura, fin dall’antichità, il viaggio che di solito l’eroe di un poema intraprende, ha come scopo la ricerca di qualcosa che va oltre il significato materiale dell’impresa. Basti pensare al classico esempio di Enea nell’Eneide, il cui viaggio da Troia al Lazio aveva come scopo la fondazione di una città e del suo futuro impero.

       Enea intraprende questo viaggio sottomettendosi completamente a ciò che il destino ha riservato per lui eper la sua famiglia, senza ribellarsi ad esso nei momenti di maggiore sconforto.

       Anche Susanna compie un viaggio che, iniziato nel 1832 dalle spiaggie inglesi, sembra concludersi con quest’ultima tappa alle cascate del Niagara. Nella visione di una delle maggiori poetesse canadesi moderne, Margaret Atwood, questo viaggio ha come scopo l’iniziazione alla terra canadese.

       La Atwood, nel 1970, pubblica una raccolta di poesie sotto il titolo The Journals of Susanna Moodie, con la quale si propone di ripercorrere tutta la vita di S. Moodie: dal momento in cui lascia l’Inghilterra ed approda a Quebec, fino al trasferimento a Belleville.

       Le poesie nascono dalla lettura dei due già citati libri di S. Moodie sulle sue esperienze nella colonia.

       Margaret Atwood nei Journals distingue tre tappe fondamentali del viaggio pioneristico della scrittrice ottocentesca: la prima tappa è l’arrivo a Quebec con i successivi sette anni trascorsi nella wilderness, la seconda vede S. Moodie nella città di Belleville e la terza segna il ritorno alla natura.

       Dalle poesie della Atwood, si può notare che S. Moodie, come Enea, non si ribella al suo destino, ma accetta tutte le difficoltà che le si presentano fino a sottomettersi ad esso.

       Il viaggio di Susanna, come abbiamo detto, è visto dalla Atwood come iniziazione alla terra canadese. La scrittrice, una volta arrivata in Canada, si trova svuotata di identità, in una situazione di completa estraneità, poichè la terra canadese non sembra offrire una possibilità di inserimento ed uno “status” a una persona, come lei, di ottimo livello culturale.

       Appena sbarcata a Quebec S. Moodie trova un paesaggio ostile che la rifiuta, la confina nella solitudine e non lascia scampo al suo passato inglese. Contro questo paesaggio, che non è il suo, può solo dire: “I am a word in a foreign language”.

       Giunta in Canada, Susanna deve ora proseguire il suo viaggio per ritrovare la sua identità, ritrovare se stessa, o una nuova se stessa. Ma per arrivare a ciò è necessario,(altri esempi, come quello di Dante o T. S. Eliot, lo dimostrano), partire dallo stadio più basso, da quello che per Dante potremmo chiamare “Inferno” e per T. S. Eliot la “Waste Land”.

       Per riuscire a ritrovare se stessi è necessaria un’alienazione totale, sì dà ricostruire e sperare in un risultato positivo. La prima impressione che si ha nel leggere i Journals è che seguano la struttura della Divina Comedia.

       Come per Dante, il viaggio di S. Moodie segue le tre tappe che porteranno ad una rinascita canadese. In una delle prime poesie della Atwood ritroviamo perfino “quella oscura selva” di cui Dante ci parla nel primo canto dell’Inferno: “entered a large darkness”.

       Più avanti sempre in questa poesia troviamo un’altra metafora molto significativa: “It was our own ignorance we entered”.

       Con tale metafora la Atwood intende dimostrare che S. Moodie in questo suo viaggio di iniziazione alla terra canadese, dovrà lasciarsi alle spalle tutto il suo passato di “gentlewoman”, e tutti i suoi pregiudizi, in modo da riuscire a comprendere un mondo nuovo, che dovrà diventare la sua terra.

       Seguendo Roughing it in the Bush, nel primo diario dei Journals, M. Atwood esprime bene quei sentimenti di iniziale odio di S. Moodie nei riguardi del Canada, che le è estraneo, perchè privo di quella società consolidata ed ideale a cui lei come gentildonna inglese era abituata. La mancanza di un ordine di vita e quindi di punti di riferimento crea in S. Moodie una frattura psicologica, come tragicamente registra M. Atwood nelle sue poesie.

       Con il passare degli anni S. Moodie si accorge di amare la nuova terra che, in fondo, le ha insegnato molte cose, ed al momento di lasciare la wilderness c’è il rimpianto di non aver imparato abbastanza: “There was something they almost thaught I came away not having learned”.

       E come dice S. Moodie stessa in Roughing it in the Bush:

“There was the last night in the dear forest home which I had loved in spite of all the hardships… It was the birthplace of my three boys, the school of high resolve and energetic action in which we had to learn to meet calmy, and successfully the battle with the ills of life”.

       Questo atteggiamento di amoreodio verso il Canada fanno di lei quella che la Atwood definisce “a schizofrenic mind”.

       Ma alla fine del lungo viaggio, sembra che questo odio per la terra canadese si risolva interamente in amore.

       Lo splendido capitolo in Life in the Clearings dedicato alle cascate del Niagara, mostra come sia cambiato l’atteggiamento della scrittrice verso la natura. Questo capitolo segna quello che si può definire un “ritorno alla natura canadese” di S. Moodie dopo l’iniziale rifiuto.

       S. Moodie, molto probabilmente sotto l’influsso romantico e in particolar modo, di uno dei capostipiti del Romanticismo inglese, William Wordsworth, considera la bellezza della natura come un riflesso della bellezza di Dio. Natura e religione sono su uno stesso livello e costituiscono un mondo a parte, diverso da quello della realtà quotidiana:

“But I have wandered away from my subject into the regions of Thought, and must again descend to common workaday realities”.

       Sotto l’influsso wordsworthiano Susanna recupera sentimenti molto più alti riguardo la natura, perchè anche la natura selvaggia canadese è riflesso di un unico Creatore:

“Next to the love of God, the love of nature may be regarded as the purest and holiest feeling of thehuman breast. In the outward beauty of his creation we catch a reflection of the divine image of the Creator,…”.

       Come Wordsworth, la scrittrice, sottolinea la funzione educatrice della natura e l’eternità della sua bellezza:

“You feel a thrilling triumphant joy whilst contemplating this masterpiece of nature this sublime idea of Eternal”.

       Dopo il lungo soggiorno nella città di Belleville con tutte le sue complicazioni sociali e politiche, Susanna infine loda la natura e la gente che vive nella wilderness, perchè lì si gode di quella libertà di pensiero e di idee politiche e sociali, a cui le persone che vivono in città sono estranee.

       Forse è proprio per questo motivo che ella sente il bisogno di fare un ritorno alla natura con il viaggio alle cascate del Niagara, per recuperare un mondo noncontaminato dalla presenza dell’uomo; un mondo dove l’anima può dare sfogo a quei sentimenti più puri e ammirare quelle che S. Moodie definisce “Thunders of water”:

“Astonishement and admiration are succeeded by curious examination and enjoyment but it is impossible to realise at first. The tumultuous rush of feeling, the excitament occasioned by the grand spectacle, must subside before you can draw a free breath and have time for thought”.

       S. Moodie comprende che il linguaggio non è capace di esprimere tutti quei sentimenti che si succedono nell’animo alla vista di tale sublime spettacolo, che la riempie di gioia e serenità, perchè sa di essere in presenza di una delle più grandi opere di Dio. Mentre si trova assorta inquesta sublime contemplazione, rimane scandalizzata nel sentire la conversazione di due donne, una delle quali non sembra apprezzare il beneficio derivante dal grande spettacolo naturale:

“I was roused from a state almost bordering on idolatry, by a lady remarking to another, who was standing beside her that she considered the Falls a great humbug; that there was more fuss made about them than they deserved; that she was satisfied with having seen them once; and she never wished to see them again”.

       Tutto il capitolo non è altro che un inno alla natura e a questa splendida creazione nel cui artefice S. Moodie riconosce solo Dio. A tale proposito molto interessante è una conversazione che la scrittrice ha con un “gentleman” americano sull’origine delle cascate. L’americano, dalla mentalità più scientifica, sostiene che le cascate si sono formate dopo la creazione del mondo con un terremoto, mentre la scrittrice, sotto l’influsso del movimiento romantico, attribuisce la loro creazione alla “mano divina”.

       Questa conversazione la porta a riflettere su un altro fatto che ai suoi occhi appare un sacrilegio: gli Americani vorrebbero trasformare la parte delle cascate che loro appartiene in un macchinario che produca energia. Susanna è contraria a tale progetto, perchè distruggerebbe una delle più belle creazioni divine, di fronte alla quale gli uomini non possono far altro che prostrarsi in segno di adorazione:

“The whole earth should enter into a protest against such an act of sacrilegesuch a shameless desecration of one of the noblest works of God. Niagara belongs to no particular nation or people. It is an altar raised by his own almighty hand. At which all true worshippers must bow the knee in solenn adoration”.

       Possiamo concludere che, in virtù dei nuovi sentimenti verso la natura, del riconoscimento della relazione tra natura e Dio, e del rinnovato bisogno di libertàriconosciuto nella wilderness, Susanna può finalmente sentirsi assimilata alla terra canadese.

       In lei si è verificata una metamorfosi che l’ha portata ad accettare ciò che il destino ha riservato per lei e che in questo caso prevedeva l’accettazione della nuova terra selvaggia.

La Società nelle città canadesi

       Il viaggio alle cascate del Niagara di cui S. Moodie ci parla in Life in the Clearings non le dà solo l’opportunità di illustrare lo sviluppo economico e commerciale del Canada, ma anche della società, degli usi e costumi.

       In questa sua analisi sulla società canadese, si può vedere come la scrittrice abbia cambiato atteggiamento. Non ci troviamo più di fronte ad una persona ancorata a queiprincipî conservatori che avevano caratterizzato Susanna di Roughing it in the Bush. In Life in the Clearings abbiamo una scrittrice che si è modernizzata, che è diventata più democratica nelle sue idee. Ciò molto probabilmente è dovuto ai contatti ed all’influsso democratico dei vicini americani. Ad ogni modo, questo non significa che S. Moodie abbia abiurato completamente le sue idee conservatrici e sia divenuta totalmente democratica. E’ vero però che in lei si assiste alla maturazione di un “compromise”, come tende a sottolineare, nella sua introduzione al libro, il curatore di Life in the Clearings, Robert L. McDougall.

       Dopo venti anni di residenza in Canada, S. Moodie si libera di tutti quei pregudizi di casta, che in un nuovo paese, con una nuova società, non avevano ragione di esistere, senza tuttavia abbandonare alcuni principî morali, che erano propri della persona e della sua educazione inglese. Sono proprio tali principî che, nell’analisi della società canadese, da lei osservata nelle città, le permettono di muovere severe critiche ad alcuni usi e costumi che potremmo definire poco ortodossi.

       In questa sua analisi della società canadese il primo mutamento di pensiero che si può notare è il fatto che la scrittrice sembra molto più propensa ora di quanto non lo fosse prima, ad accettare una società mista come quella che sembra formarsi in Canada.

       Nel 1832 S. Moodie percepiva la struttura sociale come qualcosa di fisso e non accettava compromessi. Per questo motivo nei sette anni trascorsi nella wilderness abbiamo un rifiuto totale delle potenzialità democratiche della società canadese.

       Ma con il passare del tempo la scrittrice comincia ad abituarsi alle condizioni del Nord America, così anche le sue idee cominciano ad adattarsi a questo nuovo genere di vita. Se venti anni prima era assolutamente contraria ad una società mista, ora con un tono più pacato afferma che la mescolanza di classi può solo portare un pizzico di allegria a quei freddi e chiusi circoli di ëlite:

“A certain mixture of the common and real of the absurd and ridiculous, gives a zest to the coldtame decencies to be found in more exclusive and refined circles”.

       S. Moodie si rende conto che, la ripugnanza che le persone del vecchio continente provano verso questo nuovo tipo di società, non è altro che il frutto di pregiudizi con cui sono state educate.

       Dopo tutto, una società come quella canadese non è da disprezzare perchè mostra la gente così come è con i suoi sentimenti più genuini:

“Human passion and feelings are exhibited with more fidelity; and you see men and women as they really are. And many kind good, and noble traits are to be found among those classes whom at home we regarded as our inferiors”.

       La mescolanza di classi non può rivelarsi dannosa ed infatti la scrittrice ci descrive luoghi, dove gente appartenente a classi diverse si incontra senza molestarsi, ma si tratta con il dovuto rispetto.

       Nel visitare Northport, Susanna afferma che qui si può notare uno dei migliori esempi del vivere comune della società canadese: i ricchi vivono vicino ad i poveri, frequentano le loro case e quelle distinzioni di ricchezza ed educazione sembrano annullarsi a favore di una più umana concezione della vita senza pregiudizi sociali.

       Nonostante si mostri favorevole a questo nuovo tipo di società mista, la nostra scrittrice non può essere definita, come afferma il curatore del libro, “a leveller”. Perchè, convinta che una società deve essere formata da quelli che comandano e da quelli che ubbidiscono, non vuole un abbattimento completo delle barriere sociale.

       Ciò a cui ella aspira non è tanto un’eguaglianza di classe quanto piuttosto una “Equality of mind”. Per questo motivo la scrittrice ritiene molto importante che la società sia in grado di provvedere ad una buona educazione,basandosi sulla tesi che un buon lavoro ed un’istruzione adeguata permetteranno anche a chi è per nascita povero di avere le stesse possibilità di una persona nata ricca.

       L’educazione scolastica al tempo di S. Moodie era soltanto da poco divenuta un privilegio a cui potevano accedere anche i figli di gente di umili condizioni. Nei tempi passati mantenere un figlio a scuola richiedeva talmente tanti soldi che solo i figli delle persone ricche potevano permettersi un’istruzione:

“A few years ago schools were so far apart, and the tuition of children so expensive, that none but thevery better class could scrape money enough together to send their children to be instructed”.

       Ma poi, con il passare degli anni, la possibilità di ricevere un’educazione fu estesa a qualsiasi ragazzo. Susanna ritiene che il Paese potrà ottenere grandi vantaggi da una adeguata istruzione dei suoi abitanti.

       L’educazione soprattutto per le classi più povere porterà grande beneficio alla società, in quanto si avrà una diminuzione della criminalità. Ella insiste sul fatto che l’ignoranza è la parente più vicina alla criminalità, quindi bisogna far di tutto affinchè questa sia eliminata. Un uomo ignorante è incapace di giudicare correttamente e si lascia corrompere dalle più maligne tentazioni:

“An ignorant man is incapable of judging correctly, however anxious he may be to do so. He gropes in the dark, like a blind man”.

       Ciò che Susanna rimprovera al Canada, forse perchè troppo giovane, è di essere una nazione molto interessataall’aspetto economico e di tralasciare l’aspetto culturale. Un Paese che non ha una classe dirigente abbastanza colta che sappia amministrare le sue ricchezze prima o poi andrà in rovina.

       Una nazione ha quindi bisogno di essere governata da persone sagge che possano garantire sicurezza economica e politica. A prova delle sue idee S. Moodie porta come esempio l’Inghilterra che nel corso della sua storia, è stata sempre governata da persone che le hanno fatto acquisire un posto di supremazia tra le altre nazioni, proprio grazie all’educazione che ha saputo dare alla sua popolazione:

“To the wisdom of her educated men, Britain owes the present position she holds among the nations. The power of mind has subdued all the natural obstacles that impeded her course, and has placed her above all her competitors”.

       S. Moodie si esprime contro i vecchi metodi di educazione che prevedevano l’insegnamento delle lingue classiche come Latino e Greco, che ritiene di nessuna utilità al bambino. Ella sembra invece più propensa ad untipo di istruzione basata su discipline più pratiche, che forniscano al bambino i mezzi più addatti per prepararlo ad un futuro nel mondo del lavoro:

“The best years of a boy’s life are often thrown away in acquiring the Latin language, which often proves of little use to him in after life, and which, for the want of practice, becomes to him a dead letter, as well as a dead language”.

       Le sue teorie pedagogiche la portano a concludere che nessun’altra distinzione è importante per l’uomo quanto una buona istruzione. Non è importante la sua casta, il suo colore o il suo sesso; ciò che lo distingue e lo rende superiore all’essere animale è l’educazione.

       Quest’ultima considerazione conduce direttamente ad uno dei temi fondamentali di S. Moodie nello studio della società. Si è visto che la società canadese è una società mista, questo non significa soltanto che ci sono classi di poveri e ricchi, ma anche gente appartenente a razze diverse, come Indiani e gente di colore, verso la quale la scrittrice non ha alcun tipo di pregiudizio, diversamente da tanti altri in Canada in quegli anni.

       Narrandoci un aneddoto la scrittrice mostra come i Canadesi di razza bianca siano poco propensi ad accettare gente di colore ed Indiani nella loro società.

       Si tratta di due incidenti avvenuti nell’inverno del 1852: la caduta nel fiume Moira di una mucca che riesce a salvarsi e la caduta nello stesso fiume di un bambino di colore che al contrario della mucca affogò. I due incidenti erano avvenuti a poco tempo di distanza e sembrava che il primo avesse attirato l’attenzione della gente, più di quanto l’avesse attirata il secondo:

“What a dreadful thing is this prejudice against race and colour! How it hardens the heart, and locks up all the avenues of pity! The premature death of this little negro excited less interest in the breasts of his white companions than the fate of the cow,…”.

       La scrittrice ha grande ammirazione anche per gli Indiani, difficilmente li definisce dei selvaggi. Per lei sono il popolo che esprime i sentimenti più puri avendo sempre vissuto a contatto con la natura, lontani dall’ossessione per le cose materiali. Ad ogni modo ella lamenta il fatto che gli Indiani venuti a contatto con la civiltà dei bianchi hanno perso la loro identità, i costumi semplici e l’onestà.

       Nel tentativo di imitare la razza bianca, che ritenevano superiore, erano riusciti a cogliere solo gli aspetti deteriori, perdendo in questo modo quelle qualità che li distinguono dai bianchi e che S. Moodie ammira:

“The red man is out of his element when he settles quietly down to a farm, and you perceive it at glance. He never appears to advantage as a resident among civilized men;… He has lost his identity as it were, when he attemps to imitate the customs and manners of the whites, he is too apt to adopt their vices…”.

       Questo nuovo principio democratico per cui le classi posso mischiarsi liberamente, si era esteso in Canada anche alla religione, e non poteva essere diversamente. In una società democratica come quella canadese, come la Moodie osserva, non avevano ragione di esistere quei vecchi pregiudizi nei confronti di persone appartenenti a religioni diverse.

       In un Paese libero come il Canada, composto da gente proveniente da svariati Paesi e con svariate culture, tutte le religioni erano tollerate. Per questo motivo era inutile che i Protestanti ed i Cattolici irlandesi continuassero le vecchie ostilità. Queste sarebbero dovute affondare nell’oceano nel momento in cui avevano deciso di lasciare i loro Paesi di origine ed emigrare in Canada. Così la Chiesacattolica si sarebbe innalzata vicino a quella protestante senza che questo fatto portasse scompiglio tra le fedi più diffuse nella colonia:

“The old quarel between the Irish Cattolic and Protestant should have been sunk in the ocean when they left their native country to find a home,…”0.

       I Cattolici irlandesi erano fedeli e disponibili come i Protestanti e non era vero che agivano in modo ostile nei riguardi di questi ultimi. A prova di ciò S. Moodie ci racconta un episodio capitato alla sua famiglia nel 1840 appena arrivata a Belleville. In quell’anno la sua casa andò bruciata e per poco la nostra scrittrice non perse il figlio più piccolo di due anni. Questo ennesimo incendio la portò in uno stato di abbattimento totale, anche perchè a quel tempo la situazione finaziaria della famiglia Moodie non era delle migliori. Di questo episodio Susanna ricorda quale conforto ebbe dal nobile gesto di un prete cattolico che, anche se di diversa professione religiosa, in quel momento di disgrazia offrì alla sua famiglia il suo aiuto e la sua casa.

       Il fatto che ella riconosca le diverse confessioni religiose, non le vieta di criticare una delle pratiche religiose più frequenti in Canada: i “camp meetings”. Questi erano dei luoghi di incontro generalmente fuori città, dove la gente andava ad ascoltare dei predicatori e “get religion”, come ironicamente la scrittrice afferma. Durante questi incontri, organizzati soprattutto da Metodisti e Quaccheri, molte scene di fanatismo si potevano osservare: donne che piangevano, che gridavano e che si strappavano i capelli.

       Le persone che partecipavano a questi incontri sembravano dei pazzi, ed è questa l’impressione che S. Moodie ebbe quando le capitò di assistere ad uno di questi “meetings” religiosi:

“One thought possessed me all the time, that the whole assembly were mad, and that they imagined God to be deaf…”.

       Persone di ogni condizione sociale prendevano parte a queste riunioni, con una predominanza delle classi più povere ed in genere vi andavano più per divertimento personale che per ricevere spirituale beneficio: “Moreperson go for a frolic than to obtain any spiritual benefit”.

       Nell’analizzare gli usi ed i costumi canadesi Susanna si rivela un giudice molto severo, pronto a lodare quando necessario, ma anche a condannare tutto ciò che è contro i suoi principî.

       Ad esempio una delle prime critiche che la scrittrice muove alla società canadese si accentra su quella che definisce “the curse of Canada”: il troppo bere. Questa abitudine stava diventando in Canada un vizio molto diffuso, non soltanto tra la gente povera ma anche tra le classi più elevate:

“Alas, this frightful vice of drinking prevails troughout the colony to an alarming extent. Professional gentlemen are not ashamed of being seen issuing from the barroom of a tavern early in the morning…”.

       Per S. Moodie il bere, quando diventa vizio, degrada l’uomo. Da qui la necessità, spiega la scrittrice di preparare i bambini sin dall’infanzia a resistere all’alcool, facendogli osservare come si comporta un ubriaco. Così il ragazzo avrà per sempre con sè l’immagine di un disgustoso spettacolo, come ammonimento a non cadere anche egli nella stessa abitudine.

       Tra gli altri costumi canadesi che S. Moodie critica, vi è la pratica di indossare i vestiti neri ad un funerale, e così denuncia l’abuso della società moderna di indossare il lutto per mesi o addirittura per anni in memoria della persona morta.

       Spesso le persone, infatti, portano il cosiddetto lutto non perchè sentano alcun sentimento per i loro defunti, ma perchè la società lo richiede.

       A tale proposito ecco un aneddoto: S. Moodie racconta di una fanciulla che, dopo aver appreso della morte della nonna mai conosciuta, si era dichiarata felice che fosse venuto il momento per lei di indossare l’abito nero. Al chela zia scandalizzata da queste parole, le fa notare che se non sentiva niente per la defunta, non era necessario che indossasse il lutto. Ma la ragazza replica dicendo che così voleva la società e che sarebbe stato uno scandalo non mettere l’abito nero per la propria nonna.

       Con questo esempio S. Moodie ci vuole suggerire che i Canadesi stavano perdendo quello che gli antichi consideravano uno dei sentimenti più nobili: il rispetto per i defunti.

       Ella sottolinea inoltre che i suoi connazionali erano più interessati all’aspetto economico che non spirituale della morte: essa significava il passaggio di proprietà da una persona ad un’altra:

“It is certain that death is looked upon by many Canadians more as a matter of bussiness, and change of property into other hands, that as a real domestic calamity”.

       In questa panoramica della società canadese S. Moodie non può fare a meno di dare uno sguardo alla moda ed ai divertimenti che il Paese offriva.

       In città come Montreal e Toronto, le persone appartenenti alle classi più alte seguivano assiduamente la moda soprattutto quella francese. Anzi, erano così ossessionati dal desiderio di adottarla che tutti sembravano vestiti allo stesso modo:

“Men and women adopt the reigning mode so universally that they look all dressed alike”.

       I Canadesi, in particolar modo le donne, cercavano di tenersi al corrente della moda europea. Tuttavia il desiderio di emulazione era così grande, che le signore della colonia dimostravano poi poco gusto nell’adottare un colore e un vestito alla propria personalità. S. Moodie condanna l’abitudine a spendere più del necessario per vestiti che in quel momento andavano di moda:

“…In Canada they carry this imitation of the fashions of the day to extremes. If green was the prevailing colour, every lady would adopt it, whether it suited her complexion or no, and if she was ever so stout, that circumstance would her from wearing half a dozen more skirts than wasnecessary, because that absurd and unhealtly practice has for long period prevailed”.

       S. Moodie sottolinea il fatto che le donne canadesi, anche se appartenenti alle classi più alte, non avevano quella che è considerata una delle principali caratteristiche delle donne inglesi: la “gentility”. Le donne canadesi avevano una diversa concezione di “gentility”: per loro questa parola si riferiva solo al lato esteriore della persona. Infatti:

“Their ideas of gentility consists in being the owners of fine clothes, fine houses, splendid furniture, expensive equipage and plenty of money. They cannot comprehend the mysterious ascendancy of mind over mere animal enjoyments”.

       Alla gentility inglese si contrappone l’essere “delicate” canadese, che si riferisce all’aspetto fisico di una persona ed è quel particolare tratto che distingue una persona che abita in città da una che abita incampagna. Per le giovani donne canadesi è molto importante avere una pelle bianca, perchè è segno di non rozzezza.

       La pelle rosea delle donne inglesi in Canada non è una caratteristica fisica molto apprezzata: “The rosy face of the British emigrant is regarded as no beauty here”.

       Per quanto riguarda la vita di società, i Canadesi erano un popolo a cui piaceva molto partecipare a tutto ciò che la vita mondana offriva loro: danze, feste all’aperto e altre manifestazioni che permettevano loro di divertirsi e stare con gli altri.

       In ultima analisi possiamo affermare che il popolo canadese era migliorato molto, anche se molta strada doveva ancora percorrere. A metà secolo la società stava facendo numerosi sforzi per tenersi alla pari con il resto del mondo, e forse questo desiderio di seguire le mode del momento a volte causavano un eccesso nell’imitazione dei costumi europei.

       Ancora una volta si deve sottolineare che i Canadesi erano troppo interessati alla vita materiale, e per il momento non potevano raggiungere quel livello culturale che gli Europei, in quanto appartenenti ad una cultura più antica e più sicura economicamente, potevano coltivare.

Susanna Moodie – Crescita del Canada

       Sono passati venti anni, di cui sette spesi nella “wilderness”, da quando S. Moodie e la sua famiglia hanno abbandonato per sempre la loro madre patria, l’Inghilterra e si sono stabiliti in Canada.

       Dei sette anni trascorsi in una fattoria nella “wilderness”, della sua esperienza spirituale e fisica, la scrittrice ci dà ampio resoconto nel suo primo libro,  Roughing it in the Bush (1852), il cui scopo è quello di ammonire la “welleducated people” a non emigrare in Canada, perchè terra non adatta alla loro estrazione sociale. Come, infatti, S. Moodie precisa successivamente in Life in the Clearings (1853):

“My motive in giving such a melancholy narrative to the British public was prompted by the hope of deterring welleducated people. about to settle in this colony, from entering upon a life for which they were totally unfitted by their previous persuits and habits.”

       Il Canada che emerge dal suo libro, infatti, è tutt’altro che un paese ospitale, gli unici sentimenti che Susanna riesce a trasmettere al lettore sono di odio nei confronti di questa terra selvaggia e di rimpianto per l’Inghilterra.

       Nel 1840 S. Moodie e la sua famiglia lasciano la “wilderness” e si stabiliscono nella città di Belleville, sita sulle sponde del lago Ontario. Da questo momento in poi la situazione socioeconomica della sua famiglia comincia a cambiare. Ella riprende, infatti, l’attività letteraria traslaciata nei backwoods, perchè la vita pioneristica l’ha impegnata moltissimo. Al tempo del suo secondo libro, Life in the Clearings, è già conosciuta come”the woman who writes”, quindi, grazie anche alla posizione di sceriffo del marito, si è conquistata un posto nella giovane società canadese, che nei primi anni del suo soggiorno sembrava escluderla.

       Questo senso di stabilità sociale le permette di guardare con occhio diverso il Canada e di esprimere nuovi sentimenti verso la colonia. S. Moodie comincia a liberarsi di tutti i suoi vecchi pregiudizi. Si assiste, così, a quella che potremmo definire una crescita della scrittrice verso una mentalità più aperta.

       Di questo nuovo atteggiamento abbiamo testimonianza in Life in the Clearings, scritto su richiesta del suo editore inglese Richard Bentley come ella stessa ci dice nella lettera a lui spedita il 25 novembre 1852:

“It will give me great pleasure, to try and meet your whishes with regard to another book on Canada, and I send you a few pages which I wrote the otherday, as a sort of introduction to such a book to see if it would at all be the thing you required. My idea was to describe as much of the country, as I could in my trip to Niagara, beginning with Belleville and going through our Bay, sketching the little villages along its shores, and introducing as many incidents and anecdotes illustrative of the present state of Canada…”

       Tema principale del libro è il viaggio che Susanna Moodie compie da Belleville alle cascate del Niagara, ma attraverso questo viaggio la scrittrice vuole dimostrare:

“…the real benefits to be derived from a juidicious choice of settlement in this great and rising country”.

       In questo libro poco spazio è riservato alla vita privata di Susanna e della sua famiglia, ciò che interessa la scrittrice è considerare la nuova posizione e l’assetto sociale del Canada, ancora colonia, rispetto alle altrenazioni del vecchio mondo, in particolare rispetto all’Inghilterra.

       Il Canada che ci appare in Life in the Clearings non è più la terra selvaggia, di cui S. Moodie ci aveva già parlato, ma un Paese diverso, cresciuto sotto ogni aspetto: politico, economico, sociale e culturale.

       Durante i venti anni che la scrittrice vi ha trascorso, molti progressi si sono avuti. Sul piano politico alcune delle tappe fondamentali che portarono il Paese ad una prima indipendenza con la costituzione del Dominio nel 1867 furono: nel 1837 il primo tentativo di rivolta da parte di Mackenzie al fine di instaurare una repubblica, e nel 1841 l’unione delle provincie del Basso ed Alto Canada. Altra tappa fondamentale, prima della nascita della Confederazione fu, nel 1846, il conferimentoal Canada da parte del Parlamento Inglese di un governo autonomo.

       Il Canada si stava, così, avviando ad avere un governo di tipo democratico. Il Paese, come la stessa scrittrice annota in Life in the Clearings, stava progredendo, propio come un bambino, ed è sotto questa metafora che Susanna ci presenta il Canada fin dalle prime pagine del libro:

“A child is not a man, but his progress is regarded with more attention on that account; and his future greatness is very much determined by the progress he makes in his youth”.

       Come si può notare, la scrittrice mostra una fiducia non indifferente nel progresso del Canada avviato a diventare, idealmente, una grande nazione indipendente, non soltanto a livello politico, ma anche a livello economico, grazie ai suoi abitanti che sono “workers, not dreamers”.E’, infatti, con questa nuova fiducia nel Paese, che ormai definisce “the country of my adoption”, che ella si rivolge a coloro che vogliono emigrare.

       Il Canada, ormai, è sulla strada del progresso e il periodo incerto della sua infanzia è passato, un periodo che vedeva la nazione ancora sotto la tutela dell’Inghilterra. Ciò che conta è il futuro, perchè poco tempo sarebbe passato che il Canada sarebbe diventato una grande nazione:

“Be not discourage, brave emigrant. Let Canada still remain the bright future in your mind, and hasten to convert your present daydream into reality. The time is not far distant when the world will speak of her progress with respect and admiration. Her infancy is past, she begins to feel her feet, to know her own strength, and see her way clearly through the wilderness. Child as you may deem her, she has already battled bravely for her own rights, and obtained the management of her ownaffairs. Her onward progress is certain…, and she must be great!”.

       Come si può notare, S. Moodie esprime dei veri e propri sentimenti patriottici nei riguardi del Canada e qualsiasi accenno di ostilità sembra scomparso. Una rinnovata speranza nel trovare il sognato “Eden”, dopo aver lasciato l’Inghilterra, nel lontano 1832, sembra animare queste righe.

       Si è parlato di sviluppo politico del Paese, ma a questo si affianca, come la scrittrice puntualmente registra in Life in the Clearings, uno sviluppo economico. A tale proposito sarà bene ricordare le sue idee riguardo la nuova era industriale.

       S. Moodie seguendo le orme di alcuni tra i più grandi pensatori inglesi di fine Settecento e dell’epoca vittoriana, contrari alla introduzione della macchina, perchè aliena il lavoro dell’uomo, esalta il lavoratore. Molti sono i pensatori inglesi che scrivono libri e saggi contro il nuovo sistema industriale in Inghilterra. Ma tra le voci più forti, che danno il via alla critica dellanuova Inghilterra, devono essere ricordati Edmund Burke e William Cobett. Essi attaccano il sistema industriale, partendo dalla vecchia Inghilterra. In genere questi ed altri pensatori inglesi non criticano la macchina in quanto tale, ma il sistema meccanico di produzione. Si ritiene che questo sistema sia contro natura, ed innaturale divenne la parola chiave per una critica della civiltà industriale.

       Come precedentemente abbiamo fatto notare, la scrittrice loda i Canadesi perchè popolo di “workers”. Quindi sembra che nel lavoro manuale ella veda una grande fonte di profitto. Citando una frase di Salomone la Moodie dice: “in all labour is profit”.

       Questa sua convinzione forse la deriva dalla sua esperienza nella wilderness, dove il lavoro era l’unico mezzo per il sostentamento della famiglia. A questa esaltazione del lavoro manuale si affianca una contemporanea esaltazione della macchina. Forse ciò è dovuto al fatto che il Canada non passa per stadi intermediprima di arrivare all’era industriale, ma il passaggio da un periodo agricolo ad uno industriale avviene quasi all’improvviso. Così S. Moodie sembra apprezzare le novità apportate con l’industrializzazione e di questo ne abbiamo ampia prova nel capitolo dedicato a “Provincial agricultural Show”.

       Buona parte del capitolo sembra quasi un inno alla macchina, Susanna è estasiata alla vista di questo enorme ammasso di ferro.

       La macchina, al contrario di quanto ritenevano Dickens e Carlyle, per S. Moodie non è qualcosa che va contro l’uomo, ma può aiutarlo nel suo lavoro. Essa non èquell’ammasso di ferro che non ha pietà e sentimenti nei confronti dell’uomo, ma anzi sembra contenere lo spirito di chi l’ha creata:

“In watching the movements of the steamengine, one can hardly divest one’s self of the idea, that it possesses life and consciouness…the spirit of the originator still lives in it,…”.

       Non bisogna dimenticare che intorno agli anni ’50 la meccanica aveva fatto molti progressi, non soltanto nel vecchio mondo, ma anche nel nuovo. S. Moodie infatti ci parla della prima ferrovia costruita in questo Paese.

       La ferrovia apriva al Paese nuove frontiere per gli scambi commerciali: da questo momento in poi il Canada non sarebbe più stato obbligato a vendere le merci solo all’Inghilterra. Il trattato di Reciprocità con gli Stati Uniti nel 1854 permetteva al Canada di aprire un commercio tra Nord e Sud per la sovrabbondanza di prodotti agricoli.

       Accennando alla prima locomotiva entrata in funzione a Belleville nel 1856 in una lettera a Richard Bentley, S. Moodie non esita a dire:

“The grand Trunk Railway, has been opened now for a month. The traffic upon it is immense. I hope it will pay, the shareholders as it is will be of immense importance to the colony”.

       Il Canada, quindi, stava realmente progredendo in campo tecnologico al pari delle altre nazioni europee.

       I Canadesi sembravano aver ottenuto notevoli progressi anche in campo agricolo, riuscendo con un duro lavoro di bonifica a strappare alla poco fruttuosa terra  una grande quantità di prodotti che superavano per qualità anche gli stessi prodotti inglesi.

       Di questa abbondanza di prodotti agricoli Susanna ci parla nel capitolo “Provincial Agricultural Show”. Il Provincial Agricultural Show era una fiera che si svolgeva nel mese di settembre nella città di Toronto, dove ognunoportava il meglio dei prodotti agricoli ed alla fine si nominava un vincitore.

       L’agricoltura in Canada era potuta migliorare grazie all’istituzione dell’Agricultural Society, tramite la quale nuovi metodi di coltivazione erano stati impiegati per il terreno. Fino ad allora la gente si era un po’ adagiata sui vecchi metodi di coltivazione, che non erano adatti per una terra difficile come quella canadese:

“Nothing has contributed more to the rapid advance of the province than the institution of the Agricultural Society, and from it we are already reaping the most beneficial results. It has stirredup a spirit of emulation in a large class of people who were very supine in their method of cultivating their lands”.

       I due centri che meglio dimostrano lo sviluppo del Paese sono: Belleville e Toronto. Queste due città erano diventate, attraverso gli anni, due grandi centri di sviluppo.

       Belleville è la città dove S. Moodie e la sua famiglia si stabiliscono nel 1840 e qui vi trascorreranno gran parte della loro vita. La città non aveva natali molto lontani e la sua popolazione era costituita da gente con idee conservative: Britannici e Lealisti. Nel 1840 essa contava 1500 abitanti, e non era, per così dire una città modello, anzi la scrittrice ci dice che, nonostante la bellezza del luogo in cui era stata costruita, era diventata un insignificante posto piuttosto sporco:

“The town of Belleville, in 1840, contained a population of 1500 souls, or thereabouts. The few streets it then possessed were chiefly composed of frame houses, put up in the most unartistic andirregular fashion… In spite of the great beauty of the locality, it was but an insignificant, dirtylooking place”.

       Al tempo in cui S. Moodie scrive Life in the Clearings grandi cambiamenti erano avvenuti nella città, poichè a stento, come ella stessa afferma, uno che l’avesse vista prima difficilmente avrebbe potuto ora riconoscerla. In pochi anni Belleville era diventata una vera e propria città con magnifiche e moderne costruzioni di vario tipo da alberghi a luoghi per divertimento. Nel 1849 viene costruita la prima “markethouse” in legno, che tuttavia ha breve vita perchè come quasi tutte le costruzioni in legno era più facilmente soggetta al fuoco e nel giro di un anno viene distrutta da un incendio.

       Il mercato, per Susanna, è un luogo molto interessante non tanto per i prodotti che vi si vendono, quanto per ciò che vi si ascolta. Sembra che la gente provi piacere nell’andare in questo luogo non tanto per acquistare generi alimentari, quanto perchè si ha la possibilità di parlare o sparlare di tutto e di tutti. S. Moodie prova molto interesse per questi luoghi di riunione di personeappartenenti a vari livelli sociali, perchè le permettono di studiare i comportamenti umani.

       Un’altra importante istituzione a Belleville, come in altre città canadesi, era la compagnia dei vigili del fuoco. Il fuoco per S. Moodie aveva costituito un pericolo: prima nella wilderness, dove varie volte la sua casa era bruciata, e poi perfino nella città di Belleville, quando le costruzioni erano ancora in legno. Quindi la scrittrice dedica abbastanza spazio al servizio dei vigili del fuoco, la cui istituzione ed il cui lavoro erano davvero da lodare.

       Il servizio dei vigili del fuoco era volontario e tutti gli uomini, provenienti da qualsiasi classe sociale, potevano parteciparvi e non ricevevano alcun compenso per il loro lavoro:

“In all the principal towns and cities in the colony, a large portion of the younger male inhabitans enrol themselves into a company for the suppression of fire. It is a voluntary service, from which they receive no emolument… Their members are confined to no particular class”.

       La frequenza degli incendi negli anni ’40 aveva raggiunto vette così alte che il governo canadese si vide costretto ad emanare una legge che proibisse la costruzione di case in legno.

       L’altra città di cui S. Moodie ci parla è Toronto, il cui nome ha origini indiane e significa “Trees in the water” come ella ci spiega. Toronto, famosa per l’università ed il manicomio, era un centro di ricchezza e civiltà del Canada. Era una città dall’aspetto gradevole, le strade erano pulite ed ampie ed una serie di grandi costruzioni pubbliche si innalzavano all’interno di essa.

       Il centro commerciale più importante era situato a King Street, che era considerata la “Regent Street” di Toronto. Ciò che attira particolarmente l’attenzione della scrittrice, quando visita questa città, sono i negozi di libri, che trova ben forniti. Di questo Susanna parla con grande stupore, soprattutto perchè non pensava che i Canadesi, poco interessati alla cultura e più portati al materialismo, potessero interessarsi così tanto ai libri. Questo però non fa che confermare la sua tesi iniziale cheil Canada aveva superato il periodo di infanzia e si stava avviando sulla strada del progresso, in questo caso un miglioramento culturale:

“This speaks well for the mental improvement of Canada, and is a proof that people have more leisure for acquiring book lore, and more money for the purchase of books than they had some years ago”.

       A Toronto S. Moodie ha occasione di visitare il manicomio. Era una costruzione in mattoni, circondata daterreni per la coltivazione di alberi da frutta e per la verdura. Uomini e donne abitavano due sezioni diverse dell’edificio ed erano impegnati in occupazioni adeguate al loro sesso. Gli uomini generalmente coltivavano gli alberi da frutta, mentre le donne cucivano in stanze allestite per tale scopo.

       Era un posto all’apparenza tranquillo che ad un occhio poco esperto poteva anche celare i disturbi di cui erano affetti i pazienti.

       S. Moodie prova grande spavento verso questa orribile malattia e ringrazia il cielo di non essere affetta da tale morbo:  “I, for one, fervently thanked God for my sanity,…”.

       Da quanto la scrittrice afferma posssiamo dedurre che il Canada, aveva davvero fatto tanta strada dal lontano1832. Il periodo d’infanzia, ormai era passato e ciò che aveva davanti era solo un grande futuro, che lo avrebbe visto come nazione autosufficiente senza il controllo di nessuno e questo grazie al duro lavoro dei suoi abitanti che erano come S. Moodie ha sottolineato “workers”.

il lavoro non dice veramente chi sono

Quando qualcuno ti chiede: “Chi sei?” e tu rispondi: “Sono un ingegnere”, dal punto di vista esistenziale la tua risposta è errata. Come potresti mai essere un ingegnere? L’ingegnere è ciò che fai, non è ciò che sei. Non chiuderti troppo nell’idea della funzione che svolgi, perché vorrebbe dire chiudersi in una prigione.
(Osho)