Come precedentemente abbiamo avuto modo di dire Life in the Clearings ha come tema principale il viaggio che S. Moodie intraprende da Belleville alle cascate del Niagara. Tale viaggio riveste un significato metaforico più ampio di una semplice visita a una delle più decantate meraviglie naturali del mondo.
In genere nella letteratura, fin dall’antichità, il viaggio che di solito l’eroe di un poema intraprende, ha come scopo la ricerca di qualcosa che va oltre il significato materiale dell’impresa. Basti pensare al classico esempio di Enea nell’Eneide, il cui viaggio da Troia al Lazio aveva come scopo la fondazione di una città e del suo futuro impero.
Enea intraprende questo viaggio sottomettendosi completamente a ciò che il destino ha riservato per lui eper la sua famiglia, senza ribellarsi ad esso nei momenti di maggiore sconforto.
Anche Susanna compie un viaggio che, iniziato nel 1832 dalle spiaggie inglesi, sembra concludersi con quest’ultima tappa alle cascate del Niagara. Nella visione di una delle maggiori poetesse canadesi moderne, Margaret Atwood, questo viaggio ha come scopo l’iniziazione alla terra canadese.
La Atwood, nel 1970, pubblica una raccolta di poesie sotto il titolo The Journals of Susanna Moodie, con la quale si propone di ripercorrere tutta la vita di S. Moodie: dal momento in cui lascia l’Inghilterra ed approda a Quebec, fino al trasferimento a Belleville.
Le poesie nascono dalla lettura dei due già citati libri di S. Moodie sulle sue esperienze nella colonia.
Margaret Atwood nei Journals distingue tre tappe fondamentali del viaggio pioneristico della scrittrice ottocentesca: la prima tappa è l’arrivo a Quebec con i successivi sette anni trascorsi nella wilderness, la seconda vede S. Moodie nella città di Belleville e la terza segna il ritorno alla natura.
Dalle poesie della Atwood, si può notare che S. Moodie, come Enea, non si ribella al suo destino, ma accetta tutte le difficoltà che le si presentano fino a sottomettersi ad esso.
Il viaggio di Susanna, come abbiamo detto, è visto dalla Atwood come iniziazione alla terra canadese. La scrittrice, una volta arrivata in Canada, si trova svuotata di identità, in una situazione di completa estraneità, poichè la terra canadese non sembra offrire una possibilità di inserimento ed uno “status” a una persona, come lei, di ottimo livello culturale.
Appena sbarcata a Quebec S. Moodie trova un paesaggio ostile che la rifiuta, la confina nella solitudine e non lascia scampo al suo passato inglese. Contro questo paesaggio, che non è il suo, può solo dire: “I am a word in a foreign language”.
Giunta in Canada, Susanna deve ora proseguire il suo viaggio per ritrovare la sua identità, ritrovare se stessa, o una nuova se stessa. Ma per arrivare a ciò è necessario,(altri esempi, come quello di Dante o T. S. Eliot, lo dimostrano), partire dallo stadio più basso, da quello che per Dante potremmo chiamare “Inferno” e per T. S. Eliot la “Waste Land”.
Per riuscire a ritrovare se stessi è necessaria un’alienazione totale, sì dà ricostruire e sperare in un risultato positivo. La prima impressione che si ha nel leggere i Journals è che seguano la struttura della Divina Comedia.
Come per Dante, il viaggio di S. Moodie segue le tre tappe che porteranno ad una rinascita canadese. In una delle prime poesie della Atwood ritroviamo perfino “quella oscura selva” di cui Dante ci parla nel primo canto dell’Inferno: “entered a large darkness”.
Più avanti sempre in questa poesia troviamo un’altra metafora molto significativa: “It was our own ignorance we entered”.
Con tale metafora la Atwood intende dimostrare che S. Moodie in questo suo viaggio di iniziazione alla terra canadese, dovrà lasciarsi alle spalle tutto il suo passato di “gentlewoman”, e tutti i suoi pregiudizi, in modo da riuscire a comprendere un mondo nuovo, che dovrà diventare la sua terra.
Seguendo Roughing it in the Bush, nel primo diario dei Journals, M. Atwood esprime bene quei sentimenti di iniziale odio di S. Moodie nei riguardi del Canada, che le è estraneo, perchè privo di quella società consolidata ed ideale a cui lei come gentildonna inglese era abituata. La mancanza di un ordine di vita e quindi di punti di riferimento crea in S. Moodie una frattura psicologica, come tragicamente registra M. Atwood nelle sue poesie.
Con il passare degli anni S. Moodie si accorge di amare la nuova terra che, in fondo, le ha insegnato molte cose, ed al momento di lasciare la wilderness c’è il rimpianto di non aver imparato abbastanza: “There was something they almost thaught I came away not having learned”.
E come dice S. Moodie stessa in Roughing it in the Bush:
“There was the last night in the dear forest home which I had loved in spite of all the hardships… It was the birthplace of my three boys, the school of high resolve and energetic action in which we had to learn to meet calmy, and successfully the battle with the ills of life”.
Questo atteggiamento di amoreodio verso il Canada fanno di lei quella che la Atwood definisce “a schizofrenic mind”.
Ma alla fine del lungo viaggio, sembra che questo odio per la terra canadese si risolva interamente in amore.
Lo splendido capitolo in Life in the Clearings dedicato alle cascate del Niagara, mostra come sia cambiato l’atteggiamento della scrittrice verso la natura. Questo capitolo segna quello che si può definire un “ritorno alla natura canadese” di S. Moodie dopo l’iniziale rifiuto.
S. Moodie, molto probabilmente sotto l’influsso romantico e in particolar modo, di uno dei capostipiti del Romanticismo inglese, William Wordsworth, considera la bellezza della natura come un riflesso della bellezza di Dio. Natura e religione sono su uno stesso livello e costituiscono un mondo a parte, diverso da quello della realtà quotidiana:
“But I have wandered away from my subject into the regions of Thought, and must again descend to common workaday realities”.
Sotto l’influsso wordsworthiano Susanna recupera sentimenti molto più alti riguardo la natura, perchè anche la natura selvaggia canadese è riflesso di un unico Creatore:
“Next to the love of God, the love of nature may be regarded as the purest and holiest feeling of thehuman breast. In the outward beauty of his creation we catch a reflection of the divine image of the Creator,…”.
Come Wordsworth, la scrittrice, sottolinea la funzione educatrice della natura e l’eternità della sua bellezza:
“You feel a thrilling triumphant joy whilst contemplating this masterpiece of nature this sublime idea of Eternal”.
Dopo il lungo soggiorno nella città di Belleville con tutte le sue complicazioni sociali e politiche, Susanna infine loda la natura e la gente che vive nella wilderness, perchè lì si gode di quella libertà di pensiero e di idee politiche e sociali, a cui le persone che vivono in città sono estranee.
Forse è proprio per questo motivo che ella sente il bisogno di fare un ritorno alla natura con il viaggio alle cascate del Niagara, per recuperare un mondo noncontaminato dalla presenza dell’uomo; un mondo dove l’anima può dare sfogo a quei sentimenti più puri e ammirare quelle che S. Moodie definisce “Thunders of water”:
“Astonishement and admiration are succeeded by curious examination and enjoyment but it is impossible to realise at first. The tumultuous rush of feeling, the excitament occasioned by the grand spectacle, must subside before you can draw a free breath and have time for thought”.
S. Moodie comprende che il linguaggio non è capace di esprimere tutti quei sentimenti che si succedono nell’animo alla vista di tale sublime spettacolo, che la riempie di gioia e serenità, perchè sa di essere in presenza di una delle più grandi opere di Dio. Mentre si trova assorta inquesta sublime contemplazione, rimane scandalizzata nel sentire la conversazione di due donne, una delle quali non sembra apprezzare il beneficio derivante dal grande spettacolo naturale:
“I was roused from a state almost bordering on idolatry, by a lady remarking to another, who was standing beside her that she considered the Falls a great humbug; that there was more fuss made about them than they deserved; that she was satisfied with having seen them once; and she never wished to see them again”.
Tutto il capitolo non è altro che un inno alla natura e a questa splendida creazione nel cui artefice S. Moodie riconosce solo Dio. A tale proposito molto interessante è una conversazione che la scrittrice ha con un “gentleman” americano sull’origine delle cascate. L’americano, dalla mentalità più scientifica, sostiene che le cascate si sono formate dopo la creazione del mondo con un terremoto, mentre la scrittrice, sotto l’influsso del movimiento romantico, attribuisce la loro creazione alla “mano divina”.
Questa conversazione la porta a riflettere su un altro fatto che ai suoi occhi appare un sacrilegio: gli Americani vorrebbero trasformare la parte delle cascate che loro appartiene in un macchinario che produca energia. Susanna è contraria a tale progetto, perchè distruggerebbe una delle più belle creazioni divine, di fronte alla quale gli uomini non possono far altro che prostrarsi in segno di adorazione:
“The whole earth should enter into a protest against such an act of sacrilegesuch a shameless desecration of one of the noblest works of God. Niagara belongs to no particular nation or people. It is an altar raised by his own almighty hand. At which all true worshippers must bow the knee in solenn adoration”.
Possiamo concludere che, in virtù dei nuovi sentimenti verso la natura, del riconoscimento della relazione tra natura e Dio, e del rinnovato bisogno di libertàriconosciuto nella wilderness, Susanna può finalmente sentirsi assimilata alla terra canadese.
In lei si è verificata una metamorfosi che l’ha portata ad accettare ciò che il destino ha riservato per lei e che in questo caso prevedeva l’accettazione della nuova terra selvaggia.